Liliana Segre

Liliana racconta la marcia della morte nella quale è stata avviata a piedi attraverso la Germania dal gennaio all’aprile 1945 e la sua disperata voglia di vivere. Testimonia anche il tentativo da parte dei nazisti di far saltare il campo di Auschwitz-Birkenau prima dell’arrivo delle forze armate sovietiche.

Nata a Milano nel settembre del 1930, orfana di madre fin dalla più tenera età, Liliana Segre viene allevata dal padre e dai nonni paterni. Di famiglia ebraica laica, totalmente inserita nella vita quotidiana del paese, viene battezzata nel 1938, nel vano tentativo di sottrarla alle leggi razziali. Nel 1943, quando i nazisti occupano il territorio italiano, Liliana tenta col padre la fuga in Svizzera, ma vengono respinti alla frontiera e arrestati dalle guardie di confine italiane, consegnati ai nazisti e tradotti in varie carceri. Dopo un soggiorno nel carcere di San Vittore, Liliana e suo padre sono deportati ad Auschwitz - Birkenau, il 30 gennaio 1944. Separati all’arrivo, non si incontreranno più. Liliana sopravvivrà da sola fino all’evacuazione forzata del campo, nel gennaio 1945.Verrà avviata a piedi, insieme a un numero infinito di prigionieri, ancora in grado di muoversi, in una marcia di eliminazione attraverso la Germania. Nuovamente internata  a  Ravensbrück, Jugendlager, Malchow, si ritroverà libera all’improvviso per la fuga precipitosa dei nazisti nel maggio del 1945, poco prima dell’arrivo dell’esercito americano. Tornata in Italia alla fine dell’estate del 1945, Liliana ritrova i nonni materni, riprende con difficoltà una vita normale tornando anche frequentare la scuola. Nell’estate del 1948  incontra Alfredo Belli Paci che diventerà suo marito. Liliana e Alfredo hanno avuto tre figli e, all’epoca dell’intervista, avevano due nipoti. Liliana Segre si é dedicata per anni all’educazione dei giovani attraverso la sua testimonianza, diventando un riferimento fondamentale per migliaia di giovani italiani.

  • Liliana Segre

    Language: Italian

    Liliana racconta la marcia della morte nella quale è stata avviata a piedi attraverso la Germania dal gennaio all’aprile 1945 e la sua disperata voglia di vivere. Testimonia anche il tentativo da parte dei nazisti di far saltare il campo di Auschwitz-Birkenau prima dell’arrivo delle forze armate sovietiche.

    Nata a Milano nel settembre del 1930, orfana di madre fin dalla più tenera età, Liliana Segre viene allevata dal padre e dai nonni paterni. Di famiglia ebraica laica, totalmente inserita nella vita quotidiana del paese, viene battezzata nel 1938, nel vano tentativo di sottrarla alle leggi razziali. Nel 1943, quando i nazisti occupano il territorio italiano, Liliana tenta col padre la fuga in Svizzera, ma vengono respinti alla frontiera e arrestati dalle guardie di confine italiane, consegnati ai nazisti e tradotti in varie carceri. Dopo un soggiorno nel carcere di San Vittore, Liliana e suo padre sono deportati ad Auschwitz - Birkenau, il 30 gennaio 1944. Separati all’arrivo, non si incontreranno più. Liliana sopravvivrà da sola fino all’evacuazione forzata del campo, nel gennaio 1945.Verrà avviata a piedi, insieme a un numero infinito di prigionieri, ancora in grado di muoversi, in una marcia di eliminazione attraverso la Germania. Nuovamente internata  a  Ravensbrück, Jugendlager, Malchow, si ritroverà libera all’improvviso per la fuga precipitosa dei nazisti nel maggio del 1945, poco prima dell’arrivo dell’esercito americano. Tornata in Italia alla fine dell’estate del 1945, Liliana ritrova i nonni materni, riprende con difficoltà una vita normale tornando anche frequentare la scuola. Nell’estate del 1948  incontra Alfredo Belli Paci che diventerà suo marito. Liliana e Alfredo hanno avuto tre figli e, all’epoca dell’intervista, avevano due nipoti. Liliana Segre si é dedicata per anni all’educazione dei giovani attraverso la sua testimonianza, diventando un riferimento fondamentale per migliaia di giovani italiani.

  • Eugenio Gentili Tedeschi

    Language: Italian

    Eugenio prima parla della sua grande amicizia con Primo Levi. Racconta poi i motivi delle sue scelte nell’impegno della lotta partigiana, la sua partecipazione in una formazione militare, la banda Arturo Verraz, che operava in una valle a lui ben nota, la valle di Cogne.

    Eugenio Gentili Tedeschi, nasce a Torino nel 1916. Grande amico di Primo Levi, di cui ascolterà per primo il tragico racconto della deportazione, si laurea in architettura e lascia Torino per iniziare una promettente carriera a Milano, entrando nello studio di Giò Ponti. Dopo l’8 settembre si rifugia con i genitori a La Salle, in Valle d’Aosta. Arrestato, è rinchiuso nelle carceri di Aosta dal 13 giugno al 17 luglio 1944 da dove viene liberato. Subito dopo la scarcerazione intraprende la vita partigiana, entrando nella banda Arturo Verraz, nella valle di Cogne, dove nasce una “repubblica” che dura più a lungo di quella assai più nota dell’Ossola. Eugenio si occupa del vettovagliamento e del reperimento delle armi e degli esplosivi. La banda viene sottoposta ad un pesante rastrellamento il 2 novembre del 1944 ed Eugenio, insieme ad alcuni compagni, riesce a fuggire in Francia. Da lì viene mandato in missione a Roma, dove apprende della liberazione di Milano e Torino. Dopo la guerra si mette in proprio come architetto e fra i suoi numerosi lavori si possono citare la riedificazione del Tempio di via Guastalla e il progetto della scuola ebraica di Milano. E’ stato inoltre professore ordinario al Politecnico di Milano.

  • Ester Molho Fubini

    Language: Italian

    Ester insieme alla sua famiglia è rimasta nascosta per più di un anno in una stanzetta ricavata in un angolo del magazzino della fabbrica di famiglia. Qui racconta come questo luogo sia stato scelto e adattato da alcuni fidati operai.

    E’ nata a Milano nel 1927 da madre italiana e padre greco dal quale ha ereditato la nazionalità. Di famiglia benestante - il padre era socio con il fratello di una piccola fabbrica di minuterie metalliche situata a Magenta – subisce l’espulsione dalla scuola a causa delle leggi razziali ed è costretta a frequentare prima una scuola cattolica svizzera e poi la scuola ebraica appena costituitasi a Milano. Verso la fine del 1941, a causa dei bombardamenti, insieme alla famiglia deve sfollare a Magenta in un piccolo appartamento attiguo alla fabbrica. Dopo l’8 settembre 1943, grazie all’aiuto degli operai e della direttrice della fabbrica, Ester insieme alla sua famiglia prima troverà rifugio da persone considerate affidabili, poi sarà costretta a nascondersi in un angolo poco utilizzato del magazzino della fabbrica. Saranno gli operai più fidati a costruire un servizio igienico, collocare qualche branda e innalzare un muro divisorio dietro al quale Ester con i suoi famigliari saranno costretti a vivere in silenzio fino all’aprile del ‘45. Una lampadina azionata dalla fabbrica sarà il segnale di eventuali presenze pericolose. Con la liberazione di Magenta, il 25 aprile 1945, Ester tornerà ad una vita normale, riprendendo anche gli studi. Nel 1951 sposerà Franco Fubini a Milano e dal loro matrimonio nasceranno due figli, Giancarlo e Dino. All’epoca dell’intervista, Ester e Franco Fubini hanno anche tre nipoti.

  • Aldo Brunacci

    Language: Italian

    Don Aldo Brunacci racconta come dopo l’8 settembre 1943, il Vescovo Nicolini su invito della Santa Sede lo mise al corrente della necessità di dare assistenza ai perseguitati e in particolare agli ebrei,che stavano affluendo numerosi nella città di Assisi.

    Aldo Brunacci nacque ad Assisi il 2 aprile 1914. Aldo era un giovane sacerdote durante la guerra, divenuto poi canonico della cattedrale di San Ruffino di Assisi. Aveva studiato a Roma, nell’ambiente delle organizzazioni giovanili cattoliche, dove l’atteggiamento nei confronti del regime fascista era talvolta molto critico. Tornato nella sua Assisi, assistette ai pestaggi degli oppositori al fascismo, alle violenze e agli arbitri, anche nei confronti dei giovani cattolici, di cui si occupava assiduamente. Nel settembre del 1943, Assisi si riempì di ebrei in fuga che ricevettero aiuto dai frati e dal vescovo di Assisi, monsignor Giuseppe Placido Nicolini. Vestiti da frati e da suore, nascosti nei sotterranei e nelle cantine, mimetizzati tra gli sfollati con documenti falsi, più di 200 ebrei trovarono asilo nell’antica cittadina di San Francesco. Padre Aldo Brunacci, collaborando col vescovo, si trovò a gestire questa massa di gente: nutrirla, proteggerla, procurare documenti falsi, affrontare i nazisti e i fascisti, spostare quelli più a rischio, curare gli ammalati, occuparsi dei bambini, ecc. Padre Brunacci fu arrestato nel 1944. Grazie all’intervento del Vaticano poté essere rilasciato, dopo un periodo di detenzione. Il vescovo, per proteggerlo, lo spedì alla Segreteria di Stato V vaticana. Padre Brunacci è stato riconosciuto nel 1977 come Giusto fra le Nazioni dallo Stato di Israele. Il presidente Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito, del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana, per essersi prodigato per la salvezza degli Ebrei.

    Vedi la testimonianza in versione integrale

  • Elio Toaff

    Language: Italian

    Elio Toaff racconta le atrocità dell’eccidio perpetrato dai soldati tedeschi contro civili inermi a S.Anna di Stazzema (Lucca) il 12 agosto 1944, essendo giunto sul luogo poco dopo la strage. Spiega anche come questa visione lo abbia spinto definitivamente a entrare nella Resistenza.

    Elio Toaff è nato a Livorno il 30 aprile 1915. Studiò presso il Collegio Rabbinico della sua città natale sotto la guida del padre, Alfredo Toaff, rabbino della città. Frequentò al tempo stesso la facoltà di Giurisprudenza, dove poté laurearsi nel 1938, in quanto l’introduzione delle leggi razziali fasciste consentiva di completare gli studi a chi ne fosse giunto al termine. L’anno successivo completò gli studi rabbinici laureandosi in teologia al Collegio Rabbinico di Livorno, ottenendo il titolo di Rabbino. Fu nominato Rabbino Capo di Ancona, dove rimase fino al 1943. Dopo l’8 settembre 1943, con la moglie e il figlio, alterando le generalità sui documenti, fuggì prima a Marina di Pietrasanta in Versilia, poi a Val di Castello. Fu testimone e vide con i propri occhi le atrocità ai danni di civili inermi dell’eccidio nazista di Sant’Anna di Stazzema, nell’agosto del’44. Entrò nella Resistenza, unendosi alle bande partigiane del gruppo del monte Gabberi, riuscendo anche a sopravvivere ad una esecuzione. Dopo la guerra fu rabbino di Venezia. Nel 1951 divenne Rabbino Capo di Roma fino all’ottobre 2001, quando, all’ età di 86 anni, annunciò le proprie dimissioni dalla carica di Rabbino Capo.

  • Vittorio Foa

    Language: Italian

    Vittorio Foa introduce una importante riflessione sulla specificità della Shoah. Il genocidio perpetrato dai nazisti è stato un prodotto della modernità, non un barbaro retaggio del passato. I progressi della scienza sono stati utilizzati non per migliorare la vita dell’uomo ma per produrre la morte.

    Vittorio Foa nacque a Torino il 18 settembre 1910 da una famiglia ebraica piemontese. Fu un politico, giornalista e scrittore, grande esponente del pensiero di sinistra. Si laureò in Giurisprudenza nel 1931 all'Università di Torino. Nel 1933 entrò in Giustizia e Libertà, movimento politico antifascista.

    Nel 1935, venne arrestato a Torino e condannato a 15 anni di reclusione per attività antifascista. Nel 1943 uscì dal carcere ed entrò nel Partito d’Azione (PdA), e fu poi rappresentante nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), prendendo dunque parte alla Resistenza.

    Dopo la guerra, Vittorio continuò la sua attività politica. Fu membro della Direzione del Partito d’Azione (PdA), deputato alla Costituente, deputato socialista per tre legislature, e senatore. Fu anche segretario nazionale della Federazione Impiegati Operai Metallurgici (FIOM), poi entrò nella Segreteria della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL). Più tardi Foa decise di lasciare gli incarichi sindacali, per dedicarsi agli studi. Insegnò Storia contemporanea nelle Università di Modena e di Torino. Dal 1987 al 1992 tornò alla vita politica e fu senatore della Repubblica. Vittorio Foa è morto a Formia il 20 ottobre 2008.

    Vedi la testimonianza in versione integrale